Gruppi

Gruppo speleologico


Responsabile
PAOLO BOMBARDELLI

LA STORIA


Costituito nel 1960 attorno all'esplorazione del Bus del Diaol, il Gruppo Speleologico SAT Arco (GSA) fu rifondato nel 1972 da Nicola Ischia, con l'intento di creare all'interno del sodalizio arcense, una sezione di ricerca e studio dei fenomeni carsici nella nostra regione; queste prerogative hanno caratterizzato il Gruppo nel corso degli anni successivi fino ai giorni nostri. Dopo alcuni anni di attività condotti nel Basso Sarca e sulla Vigolana, il GSA si è dedicato ai massicci del Brenta e della Paganella con numerose esplorazioni e scoperte. In questi anni il Gruppo ha censito circa 800 cavità ed ha saputo essere un valido strumento al servizio della Comunità, con interventi di potenziamento di sorgenti captate per scopi irrigui e potabili, da quello di Val Rodeza (Vervò, Val di Non) a quello di San Giovanni al Monte, all'impresa di Laghel del 1997. Particolare attenzione è stata sempre rivolta alla divulgazione delle ricerche, con l'organizzazione nel 1977 del IV° Convegno Regionale di Speleologia e la produzione di più di un centinaio di pubblicazioni; da capitoli specifici per volumi naturalistici e geografici a comunicazioni a congressi e articoli per numerose riviste. Tutti questi risultati sono stati racchiusi in un volume che il Gruppo ha prodotto in occasione del 30° anniversario, dal titolo “Trent'anni di speleologia ad Arco”.
Prime esplorazioni
Più che di fondazione, nel 1972 bisognerebbe parlare di rifondazione, in quanto un primo gruppo nasce ad Arco nel 1960 per opera di Giancarlo Lutteri. Spinti da una grande passione per il Bus del Diaol, la grotta di casa, i pionieri della speleologia arcense fondarono il Gruppo al seguito di una delle “storiche imprese” della speleologia trentina, la costruzione della diga di cemento presso il terzo sifone della Grotta di Patone e la rimozione della sabbia che l'occludeva, un lavoro faraonico che permette nuovamente l'esplorazione della seconda parte della grotta, inaccessibile dal 1932. Il Gruppo però non riesce ad avere la giusta continuità, interrompendo l'attività dopo qualche anno.
Nel luglio 1972 venne ricostituito l'attuale Gruppo Speleologico; i soci fondatori Nicola Ischia, Mario Armani, Giorgio Bonmassar, Antonio Marcabruni, Renzo Naimor e Gilberto Galvagni già da tempo si stavano cimentando agli scavi dei sifoni nella Grotta di Patone. Dopo aver constatato la solidità del gruppo e degli ideali ufficializzarono la rifondazione del GSA e stabilirono di condurre un'attività speleologica basata sulla ricerca, sullo studio e sulla conoscenza del fenomeno carsico in generale; saranno questi aspetti a caratterizzare il Gruppo anche nel corso degli anni successivi, rimanendo “valori intoccabili” ancora ai giorni nostri.
Gli interessi e le attività si spostarono verso luoghi più lontani, dal Bus de la Spia in Val di Non, alla Val Sugana, dal massiccio della Vigolana al Monte Fausior. Risalgono a questo periodo le esplorazioni dei pozzi del Monte Misone e dei Topi sulla Vigolana (1972), nella Grotta della Lovara sul Monte Fausior (1972-74), del Ramo dei Meandri nella Grotta G. Gabrielli (Vigolana, 1972-75), del Ramo delle Cascate nella Grotta del Calgeron (1973).
Il 1974 segnò l'anno della rinascita del Catasto Speleologico, dopo anni di completa stasi ed un grande contributo fu apportato dal GSA, che già da tempo si stava occupando della revisione delle grotte “storiche”, ovvero quelle conosciute e catalogate fino agli anni Cinquanta.
Nella seconda metà degli anni Settanta il GSA abbandonò le allora tradizionali aree di ricerca, orientando la propria attività sui massicci montuosi del Brenta e della Paganella; saranno queste due aree nel corso degli anni successivi, il luogo delle più prestigiose esplorazioni.
Il 1977 fu una delle annate più intense; venne portato a termine il lavoro di rilevamento topografico del Bus del Diaol, ma l'evento clou fu senza dubbio l'organizzazione del IV° Convegno Regionale di Speleologia che vide per la prima volta la partecipazione di speleologi e gruppi extraregionali. Il Gruppo si adeguò velocemente alle nuove tecniche di progressione, con l'abbandono delle scalette in lega e l'adozione della discesa e risalita su corda singola mediante l'utilizzo di discensore a pulegge ed autobloccanti. Nell'estate ‘77 i Gruppi speleologici SAT di Arco, Lavis, Pressano, Rovereto, Vigolo Vattaro e il Gruppo “La Baita” di Bolzano organizzarono una imponente spedizione all'Abisso di Lamar che portò pochi mesi dopo ad esplorare un nuovo fondo della grotta, stimato a -400 metri rispetto all'ingresso.
Grotte esplorate
Altre esplorazioni
La Grotta alla Bocca di Brenta, scoperta nel 1979 dal GSA, si apre in parete, poco prima della Bocca di Brenta e all'inizio del Sentiero delle Bocchette Centrali. Una decina di metri dopo l'ingresso, di forma irregolare, si perviene all'imbocco di un pozzo profondo 15 metri, caratterizzato da un pavimento di ghiaccio. Una prima via ricavata nella massa gelata immette in un sottostante pozzo profondo 9 m che conduce al fondo della grotta (-35 m), mentre una seconda via attraverso un meandro disostruito nel 1998, porta a una piccola sala. Sulla sommità di questa si diparte un condotto di morfologia freatica con piccoli approfondimenti vadosi, lungo un'ottantina di m, che conduce ad una sala dalla quale si dipartono due strette diramazioni in fase di disostruzione. Complessivamente lo sviluppo è di 220 mt.
La Grotta Silvia N 1713 VT, con uno sviluppo di 285 metri, è la più estesa ed importante cavità dell'Alta Val d'Ambiez. Scoperta dal GSA nell'autunno 2001, la grotta è costituita da un'ampia sala intercettata sulla volta da due pozzi profondi una trentina di metri. Da questa si diparte una breve galleria che segue il rilievo montuoso. Sia la sala che la galleria ospitano un considerevole deposito di ghiaccio, alimentato dalla neve proveniente dai pozzi e da acque di rigelo, come è dimostrato dalla presenza di stalagmiti bulbose, colonne e stalattiti di ghiaccio. Sulla base dei dati disponibili il ghiacciaio della Grotta Silvia appare uno dei maggiori noti attualmente nel Brenta, ma soltanto ricerche più approfondite permetteranno di stabilire le effettive dimensioni del deposito.
Esplorato nel 1976 dallo Speleo Club Protei di Milano l'A3-Pozzo del Masso terminava dopo una profondità di circa 20 metri a causa di un manto nevoso. Nel 1999 il GSA è riuscito a scendere fino al fondo del pozzo, alla profondità di 46 metri, grazie al consistente ritiro del deposito di neve che ora si incontra soltanto dopo una profondità di 35 metri. Lavori di disostruzione intrapresi nell'estate 2001 hanno portato all'esplorazione completa della cavità.
Sul fondo del Pozzo del Masso si sviluppano due condotti. Il primo, che presenta morfologie freatiche, si dirige verso S e successivamente verso SW, e termina dopo un percorso di 55 metri con un deposito di materiale probabilmente situato in prossimità della superficie. Il secondo meandro invece si sviluppa lungo la direzione sulla quale è impostata la grotta (45-225°), immettendo dopo una decina di metri in un nuovo salto profondo 22 m (Pozzo del Mulo). La grotta ha termine sul fondo del secondo pozzo con una sala caratterizzata da massi di crollo, dalla quale si stacca un meandro lungo pochi metri che si restringe a dimensioni impercorribili. Complessivamente misura uno sviluppo di 224 metri e una profondità di -78.
Abisso dello statale
L'Abisso dello Statale N 1689 VT, scoperto dal GSA nel 1999, è attualmente la più profonda grotta del Brenta. La grotta, che si sviluppa per circa 1800 m, consiste in una successione di pozzi fino alla profondità di -220 m, dove inizia un meandro lungo circa 200 m che si dirama in più parti. Esso immette in un baratro di 50 metri sul fondo del quale proseguono due vie, una percorsa da un ruscello che conduce ad un altro baratro e ad un primo fondo a -352 m, l'altra fossile che dopo un centinaio di metri sbuca sulla volta di un imponente salone di crollo alto 60m, largo 30 e lungo 70, ovvero l'attuale fondo della grotta a -392m. L'Abisso è ancora in corso di esplorazione da parte degli speleologi del GSA.
Moline
Presso l'abitato di Moline scaturiscono alcune sorgenti carsiche di grossa portata a una quota che va da 630 a 660 m. La Grotta-Sorgente Paroi N 406-407 VT è la più importante di queste, con uno sviluppo di 585 m ed un dislivello di 145. L'ampia galleria di ingresso si biforca dopo pochi metri in due rami. Il primo si presenta stretto, ascendente e a morfologia vadosa, mentre il secondo è impostato lungo una frattura e scende quasi verticale, terminando sommerso dall'acqua. Questo tratto fu esplorato nel 1980 da speleosub di Treviso e nel 1992 da Luigi Casati che scese a -9 m e risalì una condotta verso nord per altri 60 metri. Lo studio sistematico di questo complesso carsico, portò alla prima esplorazione del Bus del Carpen N° 1003 VT. Questa grotta, terminante anch'essa in un pozzo sommerso dall'acqua, presenta caratteristiche morfologiche simili alla Grotta Paroi, con gallerie freatiche di esigue dimensioni e piccoli scallops indicanti l'azione di correnti di elevata velocità; è percorsa saltuariamente da un flusso di acqua in risalita di tipo valchiusano. Sia l'andamento dei cicli delle piene che l'identico livello dell'acqua nei sifoni delle due grotte, permettono di ipotizzare che il Bus del Carpen funga da esutore di troppo pieno della sottostante Sorgente Paroi.
Abisso Popov
L'Abisso Popov N° 1679 VT, scoperto dal GSA nell'estate del 1998 ed ancora in esplorazione, misura uno sviluppo complessivo di 960 m, raggiungendo nel punto più basso una profondità di -215 m rispetto all'ingresso. Una successione di pozzi impostati sulla stessa frattura conduce velocemente alla profondità di 150 m, dove la grotta si dirama. Le due vie si ricongiungono presso il fondo in una saletta. Da questa si prosegue per una ventina di metri e si sbuca in una maestosa galleria freatica alta 8-10 m e larga 12-15 che si sviluppa in salita con un'inclinazione di 20° e termina dopo 115 m con una frana.
Gana del Dosson
La Gana del Dosson N 61 VT è situata a quota 1600 m sulle alture sovrastanti il paese di Andalo. Esplorata nel 1928 dal Gruppo Grotte SAT Trento presentava uno sviluppo di circa 300 metri. La caverna fu rivisitata dal nostro GSA nel 1977 ed in seguito dieci anni dopo. Lavori di scavo intrapresi dal 1988 al 1991, hanno portato alla scoperta di lunghi meandri. Attualmente la grotta raggiunge uno sviluppo di 2 km e rappresenta una delle cavità più impegnative della regione.
Grotta 1.100 ai Gaggi
Verso la fine del 1947, durante i lavori di perforazione del tunnel Molveno-Santa Massenza, venne intercettata nel cuore del monte Ranzo a quota 697 m un'ampia cavità che misurava uno sviluppo di poco superiore a 300 metri ed era percorsa da un copioso torrente le cui acque avevano provenienza e destinazione ignota. La cavità fu chiamata Grotta 1100 ai Gaggi, perché per accedervi bisogna percorrere la finestra dell'ENEL al cantiere Gaggi di Vezzano e successivamente, arrivati al congiungimento con la condotta forzata Molveno-Santa Massenza bisogna percorrere questa il direzione Molveno per circa 1100 metri, qui una botola permette di accedere alla caverna. Dal tempo di entrata in funzione del tunnel (1954) fu possibile accedervi nuovamente solo nella primavera 1981, quando per lavori di manutenzione venne aperta la condotta forzata. In quell'occasione gli speleologi arcensi forzarono una strettoia fra blocchi di frana e poterono accedere ad un'ampia sala; da qui proseguiva una lunga galleria. Con le nuove scoperte la grotta raggiungeva uno sviluppo di circa 1500 metri.
Nel 1992 l'ENEL riapriva la condotta per manutenzione e con 4 giorni a disposizione gli speleologi trentini esplorarono la parte inferiore del complesso; da allora la grotta è rimasta un paradiso inaccessibile, con uno sviluppo di 2050 metri ed una profondità di -100.
La Grotta Cesare Battisti
La Grotta Cesare Battisti si apre con vari ingressi sulla parete che fa da testata alla Val Trementina (Paganella). Dalla cima della parete si scende lungo una breve cengia raggiungendo l'ingresso principale a quota 1880 m, qui un condotto in leggera discesa conduce al Bivio Principale ed in seguito al Duomo, la sala più imponente della caverna, dal quale si staccano il Corridoio delle Campanelle, la Cripta e lo Scrigno. Dal Bivio Principale si può scendere al Piano Inferiore, un condotto ostruito da frane, oppure raggiungere il Bus de le Grole, un ampio finestrone in parete, oppure infine intraprendere la Via dei Pozzi. Lungo questa si incontra dapprima la Galleria delle Trappole ed in seguito si affrontano tre salti, raggiungendo il 4° Pozzo oltre il quale la galleria si biforca attraverso i pozzi Gabriella e Carmen, per ricongiungersi alla base di quest'ultimo. Dal fondo del Pozzo Carmen è possibile visitare l'ampia Galleria del Demiurgo e penetrare nella Grotta del Capo, sempre qui si incontra un sistema di stretti cunicoli che sbucano in parete. Quasi sulla sommità del Pozzo Carmen è possibile raggiungere un terrazzino dal quale si sviluppa un condotto che porta ad una uscita situata su una cengia dove attraverso un sentiero attrezzato è possibile ritornare sulla sommità del monte.
Nel 1977 fu organizzato un primo campo interno nella Grotta C. Battisti, con l'intento di raccogliere il maggior numero di dati possibili al fine di tentare un'interpretazione della morfologia e dell'evoluzione della grotta. A questa prima indagine, i cui risultati furono presentati l'anno successivo al 5° Convegno Regionale di Speleologia a Lavis, seguirono altre tre campagne di ricerca in collaborazione con il Gruppo Grotte Milano SEM CAI, che portarono ad uno studio completo della cavità e dell'area sommitale della montagna.
Nello stesso periodo il Gruppo Speleologico di Lavis effettuava la riesplorazione delle cavità già conosciute ed inserite nel Catasto. Nel 1982 gli speleo di Lavis tornavano nella grotta Battisti ed individuarono una fessura lungo la “Via dei Pozzi”, esplorata parzialmente da Nicola Ischia del nostro Gruppo che vi aveva piantato un chiodo per la discesa, ed in seguito da Claus e Sartori del GSL. Questa fu la porta che conduceva ad un nuovo ed ampio tratto con altre quattro uscite in parete, che portava la grotta a raggiungere uno sviluppo superiore a 2 km ed una profondità di -160 metri. Negli anni successivi gli speleo del GSL effettuarono un'esplorazione sistematica di tutte le cavità che si aprono sulle pareti della Paganella compiendo il collegamento della Grotta del Capo con la Battisti, mentre il nostro Gruppo scopriva nel 1984 il Meandro dello Zoccolo, un condotto lungo una sessantina di metri a morfologia vadosa, sotto il Bus de le Grole e terminava il rilevo della C. Battisti, compiendo anche quello dell'Abisso Ellesmere (1987).
La Grotta del Castelletto di Mezzo
La Grotta del Castelletto di Mezzo N° 255 VT, si apre a 2400 metri di quota sulla parete meridionale del Castelletto. Fu scoperta nel 1964, esplorata dal Gruppo Grotte SAT Fondo e riesplorata nel 1986 dal GSA, che ne ha portato lo sviluppo da 250 m agli attuali 1005. Essa consiste in un complesso sistema di cunicoli sovrapposti ad un condotto principale il quale si sviluppa in pendenza per circa 200 metri, presentando morfologie freatiche alternate a sezioni di tipo vadoso, ed immette attraverso un pozzo a campana in un'ampia sala chiamata: “Il Duomo”. Il Duomo non soltanto è l'ambiente più vasto di tutta la grotta, ma è anche il suo fondo a -50 m di profondità rispetto all'ingresso. Quest'ampia sala ospita un deposito di ghiaccio perenne, il più grande ghiacciaio statodinamico noto in Trentino.
La Grotta del Valon
La Grotta del Valon N° 1210 VT è situata a 2435 m di quota sul fianco della Busa del Valon, antico circo glaciale. L'ingresso fu trovato da alcuni cacciatori del Bleggio nell'autunno 1986; la caverna fu esplorata l'anno successivo dagli speleologi del GSA e del GSL e nell'estate 1988 ancora dagli speleo arcensi che portarono a termine il rilievo. Si sviluppa in formazioni calcaree di color grigio (Calcari del Misone) ed è caratterizzata da un'ampia galleria con una volta, crollata per quasi tutta la sua lunghezza, ed un fondo occupato da accumuli di frana. Lungo il percorso si possono osservare delle suggestive colate di ghiaccio dovute al congelamento dell'acqua di stillicidio. La galleria scende per circa 180 metri, immettendo in un ampio pozzo profondo 60; complessivamente ha uno sviluppo di 405 m. Le notevoli dimensioni accanto alla morfologia, che non presenta alcun approfondimento vadoso, permettono di ipotizzare per la caverna un'età molto antica, riferibile ad un periodo caratterizzato da un'idrografia completamente diversa dall'attuale.
La Grotta di Collalto
Scoperta dal GSA nel novembre 1978, la Grotta di Collalto ha uno sviluppo di 5300 metri ed è la più importante ed estesa cavità del Gruppo di Brenta.
L'ingresso situato a quota 1000 m, immette in un'ampia galleria che si inoltra pianeggiante con un diametro di 4-6 m per circa 80 fino all'orlo di un pozzo dall'aspetto imponente, profondo una ventina di metri. Sul fondo di questo si prosegue attraverso una successione di strettoie (Pozzo Siberia, Pozzo 64), penetrando in una grossa galleria orizzontale a circa 140 m di profondità rispetto all'ingresso. Qui, verso Nord-Est, si supera uno stretto e profondo lago e si prosegue per un centinaio di metri fino ad un lago-sifone. Il soprastante camino permette il collegamento con la Grotta I° della Condotta, la maggiore delle grotte intercettate durante i lavori di scavo del tunnel Carisolo-Molveno e lunga poco più di 400 m. Proseguendo invece in direzione Sud-Ovest si scende per un successivo salto (Sala del Vortice) e si prosegue attraverso una nuova condotta a sezione subcircolare che termina dopo una quarantina di metri con un sifone (Sifone di Pasqua). Il sifone in periodi di prolungate precipitazioni può chiudere completamente il passaggio. Nei periodi primaverili questo tratto infatti è interamente allagato e battuto da violente correnti, al punto da strappare le corde dagli ancoraggi. Oltre il Sifone di Pasqua le dimensioni si fanno ampie: intorno alla galleria principale si dipartono alcuni condotti che dopo un breve tratto ascendente sfociano gradualmente in camini. Lungo il percorso si incontra la Sala della Foglia e quella della Faglia, inframezzate dal Pozzo Damocle; nella seconda sala si affronta uno stretto e scomodo passaggio chiamato “Il Castigamatti”, che sbuca nel mezzo di un salone ed è seguito da altri due saloni di maestose dimensioni, con un fondo di sabbia bianchissima inciso da un torrente. Gli ambienti qui trovati sono fra i più vasti osservati in Trentino. In fondo al Terzo Salone si prosegue pervenendo nella Nuova Babilonia, un'enorme e labirintica frana attraverso la quale si raggiunge il fondo della grotta, una pozza-sifone a -230 metri dall'ingresso. Tra la Sala della Faglia e i primi due saloni è compresa la parte più intricata della grotta, un sistema di gallerie anastomizzate, disposte ad anello intorno al condotto principale (Labyriskio, Raccordo Anulare) e collegate a questo con pozzi e camini. Da tale intreccio di condotti si sviluppano due lunghe ed importanti gallerie che si inoltrano nelle parti più interne del complesso: il Lunapark ed il Fantobus, una grossa condotta larga 7 metri che si sviluppa in salita arrestandosi davanti ad una frana, a una quota di poco superiore a quella dell'ingresso. I tentativi di disostruzione della frana terminale, nella speranza di proseguire l'esplorazione di questo importante ramo, non hanno ancora portato gli effetti desiderati.
La Grotta di Laghel
La grotta-sorgente alle Fontane di Laghel (N° 348-349 VT) rappresenta la seconda cavità del Basso Sarca per estensione ed importanza, dopo il Bus del Diaol. Scoperta nella primavera del 1997, misura uno sviluppo di 450 metri e si sviluppa con andamento ascendente verso W-NW nei calcari del Dogger, tra le quote di 450-500 m s.l.m.. La grotta presenta dimensioni esigue ovunque e si compone di un ramo principale lungo 200 m, dal quale si dipartono tre diramazioni la più importante delle quali (Ramo dei Fenomeni) è lunga una novantina di metri e conduce nel punto più alto a +54 m rispetto all'ingresso.
La Grotta di Val Rodeza
Il Gruppo Speleologico SAT Arco non è nuovo agli interventi in sorgente. Una prima volta nel 1990 il GSA intervenne nella Grotta di Val Rodeza N° 851 VT, una sorgente temporanea situata a quota 822 m in Val Rodeza, una valletta laterale della Val di Non, sfruttata dal Consorzio Irriguo di Vervò per i frutteti locali (circa 50 l/sec in periodi di morbida). Il Gruppo intervenne a seguito di un lungo periodo di siccità che costrinse il Consorzio Irriguo a cercare di captare maggiore quantità di acqua. Con l'ausilio di due idrovore si riuscì a svuotare un sifone scoprendo una perdita nel punto più basso e raggiungendo un secondo lago sifone a circa 270 m dal primo (SAT Arco, 1991). L'anno successivo il GSA intervenne in aiuto del Consorzio Irriguo nello scavo di un cunicolo che intercetta la grotta oltrepassando il primo sifone; si riuscì con delle pompe a superare il secondo arrestandosi davanti ad un terzo sifone superato nel 1992 da Luigi Casati (130 m).
La Grotta del Torrione di Vallesinella
La Grotta del Torrione di Vallesinella si apre a quota 2350 m sul versante occidentale del Torrione di Vallesinella e con i suoi 2600 m di sviluppo, è la più estesa ed importante cavità d'alta quota sul massiccio. Dal 1976, anno della prima ricognizione condotta dal GSA, la grotta ha vissuto due periodi esplorativi intensi, 1984-85 e 1996-97, per opera degli speleologi arcensi che ne hanno portato lo sviluppo da 1200 m agli attuali 2600.
Dall'ingresso, situato in parete ad una trentina di metri, uno stretto e tortuoso cunicolo intervallato da alcuni salti conduce ad un complesso di pozzi e crepacci chiamato: “Complesso dell'Acheronte” che rappresenta il principale crocevia della grotta. Da qui infatti, proseguendo verso N, si raggiunge il Labirinto, un intreccio di bassi e brevi cunicoli che conduce al Pozzo Perna, mentre verso E si sviluppa un lungo meandro chiamato dai primi esploratori: “Le nuove diramazioni”. Questo meandro si inoltra nella montagna per qualche centinaio di metri fino ad un camino alto una settantina, sulla sommità del quale il ramo prosegue ancora per un centinaio di metri terminando con una frana posta a + 83 m dall'ingresso. Il ramo principale prosegue dalla base dell'Acheronte e, dirigendosi verso est, conduce rapidamente al Pozzo Gericke. Da questo aumenta via via le proprie dimensioni e termina alla base del Pozzo Gallarati Scotti, nell'Antro della frana.
Qui una prima diramazione scoperta nel 1996 prosegue per più di 300 metri con un'ampia galleria larga 6-7 metri ed alta in alcuni punti oltre 15, che scende fino alla profondità di 140 metri dall'ingresso. Un secondo ramo fu scoperto nell'estate 1997 aggirando un naso di roccia a destra dell'imbocco del pozzo Gallarati Scotti. Questo prosegue con direzione parallela a quella del ramo principale, immettendo, dopo una cinquantina di metri, in un'ampia sala. Sulla sommità di questa si incontra una seconda sala e una terza, in cima alla quale il ramo prosegue con un condotto orizzontale lungo una quarantina di metri e ostruito da un deposito sabbioso.
Sulla sommità del 1° pozzo è stato scoperto nel 1984 un breve ramo ascendente, chiamato CRAK 84 ed è qui che nel 2001 sono state condotte le più recenti esplorazioni, con la scoperta di una diramazione lunga una cinquantina di metri. La grotta si presenta quasi completamente asciutta, percorsa solo a tratti da piccoli ruscelli che vi hanno inciso forre strette e profonde.

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