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L’ALPINISMO GIOVANILE TORNA DA UN'ALTRA AVVENTURA

30/08/2009


DETTAGLI


 
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Fantastico il trekking organizzato dall’Alpinismo Giovanile della S.A.T. di Arco
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Una delle più suggestive leggende delle Dolomiti, spiega perché  il gruppo del Catinaccio (Rosengarten), al tramonto si tinga di rosa.
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Secondo questa leggenda, sul Catinaccio, si adagiava una volta il giardino di rose di Re Laurino.
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Il sovrano regnava su un popolo di nani che scavava nelle viscere della montagna alla ricerca di cristalli, argento ed oro. Un giorno il re dell'Adige decise di maritare la bellissima figlia Similde e per questo motivo invitò tutti i nobili del circondario, tutti tranne Re Laurino. Questi decise allora di partecipare comunque, ma come ospite invisibile.
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Quando sul campo del torneo cavalleresco ebbe modo di vedere Similde, colpito dalla sua stupenda figura, se ne innamorò all'istante, la caricò in groppa al suo cavallo e fuggì a spron battuto.
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I combattenti si lanciarono all'inseguimento per riportare indietro Similde; quando il re si rese conto che stava per soccombere, si tramutò  nuovamente invisibile e si mise a saltellare qua e là nel giardino, convinto di non essere visto. Ma i cavalieri riuscirono ad individuarlo osservando il movimento delle rose sotto le quali Laurino cercava di nascondersi. Lo afferrarono, tagliarono la cintura magica e lo imprigionarono.
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Laurino irritato per il destino avverso, si girò verso il Rosengarten, che lo aveva tradito e gli lanciò una maledizione: né di giorno, né di notte alcun occhio umano avrebbe potuto più ammirarlo. Ma si dimenticò il tramonto e così da allora accade che il Catinaccio, sia al tramonto sia all'alba, si colori come un giardino di ineguagliabile bellezza.
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Con la speranza di ammirare il giardino fiorito, siamo partiti venerdì mattina con la seggiovia Paolina che dal Passo Costalunga ci ha portato in quota. Raggiunto il rifugio Fronza alle Coronelle (2339 m), abbiamo indossato imbrago, casco e kit da ferrata per affrontare la famosa ferrata Santner.
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Passo dopo passo, tra roccia e cumuli di neve, stanchi ma contenti abbiamo raggiunto il rifugio Passo Santner (2733 m) e poi il rifugio Re Alberto I (2632 m) dove abbiamo trascorso la notte. La stanchezza ha reso comodi giacigli anche le misere brande del rifugio.
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La mattina seguente con il pesante zaino sulle spalle siamo scesi al più grande rifugio delle Dolomiti, il Vajolet (2254 m) per poi risalire al Passo Zigolade (2549 m).
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Il maestoso scenario sulle Dolomiti si è aperto ai nostri occhi: la fantastica vista delle cime ci ha emozionato e per qualche minuto ci ha fatto dimenticare la fatica.
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Passando sotto la Roda de Vael abbiamo raggiunto il grazioso omonimo rifugio (2282 m). Dopo la succulenta e meritata cenetta, frontalini in testa, abbiamo raggiunto l’enorme aquila di bronzo costruita in ricordo di Theodor Christomannos, colui che diede avvio alla grande strada delle Dolomiti e aprì queste montagne al turismo.
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La mattina seguente, dopo aver preparato zaini e sistemato i letti siamo partiti per l’ultima importante vetta: la Roda de Vael. Dopo la lunga e impegnativa ferrata siamo arrivati alla croce di vetta, ma la fatica non era ancora terminata. Firmato il libretto di vetta e riprese le forze, nuovamente imbragati ci siamo calati  lungo il ripido crinale  roccioso che riporta al rifugio.
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Sebbene molto stanchi, a malincuore torniamo alle macchine felici di aver ammirato il giardino delle rose in tre giorni di eccezionale bellezza. È stato il trekking più impegnativo ed emozionante nella storia dei trekking! Ci vediamo il prossimo anno.
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Fabiola, Laura, Sophia.